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 Lunedì, 09 Luglio 2012
 
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L'oncologo con quattro ospedali "Si risparmia integrando servizi"

di MATTEO PUCCIARELLI

Il professor Sergio Bretti è primario di Oncologia all'ospedale di Ivrea. Ma è un pendolare, nel senso che è responsabile anche dei reparti degli ospedali di Chivasso, Lanzo e Courgnè: un giorno da una parte, un giorno dall'altra, a rotazione, a seconda delle emergenze. Coordina, in tutto, undici medici e una sessantina di infermieri. "Ma lo stipendio è sempre uno", chiarisce Bretti. Mettendo insieme tutte e quattro le strutture, il bacino di utenza è di 520 mila persone.
Il governo ha in mente di chiudere gli ospedali con meno di 80 posti letto. Cosa ne pensa?
"Cominciamo col dire che la patologia tumorale colpisce persone che in media hanno 65 anni. Non tutte hanno la possibilità e anche solo la forza di grandi e frequenti spostamenti. Non tutti hanno un parente a disposizione per accompagnarli su e giù per le vallate. Una qualche forma di presidio territoriale deve rimanere, sia per la diagnostica che per le cure palliative. Se la spending review si traduce in tagli e basta, allora il risultato sarà solo quello di ridurre i servizi; se invece l'ottica è quella di riformare e migliorare il sistema sanitario, siamo di fronte a uno stimolo, a un'opportunità per tutti".
E questa riforma in cosa si dovrebbe tradurre?
"Ad esempio, potenziare l'assistenza domiciliare. Implementando i servizi informatici, che al momento sono decisamente scarsi. Ottimizzando l'integrazione tra medici di base e quelli di strutture specializzate.OAS_RICH('Middle');

E poi privilegiare un'ottica diversa, quella dei medici che girano di più con la macchina e vanno a casa dei pazienti piuttosto che aspettarli in ospedale".
Vede fare o anche solo immaginare questo tipo di sforzo organizzativo?
"Al momento no. L'investimento a livello strutturale è deci samente basso. Se continuiamo così l'unico risultato sarà il peggioramento del servizio".
Ma gli ospedali piccoli, qualitativamente, come sono?
"Ovviamente essendo strutture limitate hanno una casistica di interventi molto bassa, e allora per un'operazione delicata e specifica si va nelle grandi strutture. Succede in Italia, ma anche all'estero. Credo quindi sia importante mantenere i servizi diagnostici, e pure i day hospital".
Gli sprechi nella sanità ci sono? E se sì, quali sono?
"Certo. Vedo un eccesso di piccoli servizi che però non sono integrati tra loro, manca ancora il fascicolo sanitario (una raccolta in formato digitale delle informazioni e dei documenti clinici relativi alle prestazioni sanitarie del servizio sanitario regionale, ndr). Spesso ai pazienti si fanno fare o ripetere esami inutili - che però costano e vengono pagati dal sistema sanitario nazionale - perché le strutture non interagiscono tra loro. La necessità vera, che farebbe risparmiare davvero migliorando anche il nostro lavoro, è puntare sullo sviluppo dei percorsi clinico organizzativi dei pazienti".

© Riproduzione riservata (04 luglio 2012)

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